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AGCOM Proposta di bollini per il 5G: maggiore trasparenza per gli utenti

ADN24

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) sta lavorando per garantire una maggiore trasparenza nelle offerte di telefonia mobile, in particolare riguardo al 5G, un tema che sta suscitando crescente attenzione. In una recente delibera, AGCOM ha proposto l’introduzione di un sistema di bollini per aiutare gli utenti a comprendere meglio la velocità effettiva delle connessioni 5G offerte dagli operatori.

Questa iniziativa si ispira al sistema già esistente per la fibra ottica, che consente agli utenti di conoscere facilmente la velocità garantita della loro connessione. Secondo Massimiliano Capitanio, commissario di AGCOM, non basta semplicemente dichiarare che una rete è 5G. Gli utenti devono poter verificare se la velocità promessa è quella di 30, 40, 400 o addirittura 500 Mbps, per evitare fraintendimenti e potenziali inganni.

Il sistema proposto prevede l’adozione di due tipologie di bollini: uno giallo per indicare il valore limite della velocità e uno verde per la velocità massima raggiungibile. Un esempio di questi bollini è stato illustrato da Capitanio su LinkedIn, dove sono stati mostrati bollini con la dicitura “5G” e velocità indicate come “limitato a 50 Mbps”, “limitato a 30 Mbps”, “max velocità 400 Mbps” e “max velocità 500 Mbps”.

Questa proposta, che non è ancora stata approvata e quindi non è ancora in vigore, mira a fornire agli utenti gli strumenti necessari per fare scelte più informate sulle offerte di rete mobile. Se implementata, questa iniziativa potrebbe rappresentare un passo importante verso la chiarezza nel mercato delle telecomunicazioni, dove le informazioni spesso risultano ambigue o difficili da interpretare per il consumatore medio.

Il sistema di bollini 5G potrebbe essere un valore aggiunto per i clienti, aiutandoli a scegliere il piano che meglio risponde alle loro esigenze di connessione, riducendo il rischio di disillusioni dovute a velocità inferiori a quelle promesse. La proposta di AGCOM è in linea con il suo impegno costante nel proteggere i consumatori e migliorare la qualità dei servizi di telecomunicazione in Italia.

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Tecnologia

L’online spaventa gli italiani, uno su due si è imbattuto in episodi di odio e revenge porn

A più della metà della popolazione è capitato di imbattersi in rete in contenuti di odio, disinformazione e revenge porn, più di 8 italiani su 10 esprimono preoccupazione al riguardo. Ciononostante, il 44,1% non ha avvertito la necessità di chiedere aiuto o suggerimenti per un utilizzo più critico e consapevole dei mezzi di comunicazione. La propensione a cercare sostegno è più alta tra i minorenni; oltre la metà di loro si rivolge alla famiglia, circa un terzo agli insegnanti, mentre il 30% della fascia 14-17 anni ad amici e compagni di scuola. Questi alcuni dei dati più significativi del rapporto AGCOM “I fabbisogni di alfabetizzazione mediatica e digitale nella popolazione italiana”, presentato oggi alla stampa. Alla conferenza stampa hanno partecipato il Presidente dell’Autorità, Giacomo Lasorella, il Commissario Massimiliano Capitanio e il Direttore del Servizio Studi e Analisi Tecniche, Mario Staderini.

Il rapporto fotografa i principali fabbisogni digitali della popolazione italiana, sulla base dei risultati di un questionario somministrato a un campione di oltre 7 mila individui, rappresentativo della popolazione italiana dai 6 anni in su. Se l’utilizzo di Internet da parte degli italiani è ampio – ben il 90% naviga in Rete tutti i giorni e quasi il 48% per più di 4 ore al giorno – più di un terzo della popolazione dai 14 anni in su non possiede alcun grado di alfabetizzazione algoritmica (sei su dieci tra gli anziani) e solo il 7% raggiunge un livello ottimale. Due italiani su tre possiedono smart tv e computer portatili. L’80% continua ad accedere ai media durante i pasti, in quattro casi su cinque guardando programmi televisivi. Tra gli under 35 è diffuso l’uso dei social media e delle piattaforme di condivisione video. Circa la metà accede ad Internet per almeno quattro ore al giorno, in particolare per informarsi (soprattutto adulti e anziani), comunicare con amici (soprattutto i ragazzi tra i 14 e i 17 anni) e fruire di contenuti audiovisivi.

Il rapporto registra famiglie sempre più sensibili all’accesso ai media da parte dei minori: 8 su 10 ricorrono a qualche forma di regola, mentre il 13% sceglie il divieto assoluto e il 4,8% lascia totale libertà. Diverse le strategie di mediazione genitoriale: le più diffuse sono la definizione di limiti di tempo o di fasce orarie nell’utilizzo di Internet e tv (utilizzate da due genitori su dieci) e il ricorso a strumenti di parental control. Età e livello di istruzione differenziano l’atteggiamento dei genitori: over 45 e laureati adottano più spesso strategie di monitoraggio e co-using; i più giovani e meno istruiti prediligono le restrizioni. Più di 8 italiani su 10 si dichiarano genericamente preoccupati per i diversi contenuti e attività fonti di rischio, mentre i minorenni sono meno preoccupati della media della popolazione. Tre minori su quattro hanno esperienza di fruizione di contenuti relativi alla categoria di negative user-generated content, come sfide social, cyberbullismo e revenge porn. Solo il 15% degli italiani si dichiara molto preoccupato dalla presenza di contenuti audiovisivi non protetti dal diritto d’autore.

Oltre 8 cittadini su 10 svolgono una qualche azione di contrasto, quando si imbattono in attività/contenuti che rappresentano fattori di rischio, e più della metà evita di accedere a canale/testata/piattaforma che li ospita. Appena un terzo verifica la fonte del contenuto e della notizia potenzialmente rischiosa; più alto è il titolo di studio, più aumenta la frequenza di segnalazioni e verifiche. Quasi la metà della popolazione non si rivolge ad alcun soggetto per avere indicazioni e suggerimenti per un utilizzo critico e consapevole dei mezzi di comunicazione. Il 41% della popolazione dai 14 anni in su non è a conoscenza del ruolo degli algoritmi di raccomandazione utilizzati dalle principali piattaforme online, mentre il 64,6% ha un livello nullo o scarso di alfabetizzazione algoritmica. Il 48% è a conoscenza della possibilità di personalizzare la propria esperienza di fruizione sulle piattaforme online, e, tra questi, più dell’80% utilizza almeno uno strumento di curation editoriale e più del 60% un tool di segnalazione dei contenuti.

– foto IPA Agency –

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Tecnologia

SEGA Sta Valutando un Servizio in Abbonamento Simile a Game Pass e PS Plus

SEGA potrebbe presto entrare nel mondo dei servizi in abbonamento, unendosi a giganti come Sony, Microsoft, EA e Ubisoft. Il Presidente della compagnia, Shuji Utsumi, ha rivelato durante un’intervista alla BBC, in occasione della premiere di Sonic – Il Film 3, che l’azienda sta “valutando diverse opportunità” per lanciare un proprio servizio in abbonamento. Sebbene non abbia potuto fornire dettagli specifici, ha dichiarato che SEGA sta pensando a qualcosa che “non può rivelare al momento”.

Con un catalogo che include saghe iconiche come Sonic, Yakuza, Football Manager, Total War, e le proprietà di Atlus come Persona, SEGA ha riconosciuto l’interesse crescente nel segmento degli abbonamenti, che è già dominato da servizi come Ubisoft+, EA Play, PlayStation Plus e Game Pass. La compagnia giapponese sembra quindi voler sfruttare le proprie IP di successo per entrare in questo mercato in espansione.

Nel corso dell’intervista, Utsumi ha anche ammesso che SEGA ha perso parte del suo lustro nel tempo e ha sottolineato l’obiettivo di restituire alla compagnia la gloria di un tempo. Ha spiegato che i 240 licenziamenti effettuati lo scorso marzo sono stati una decisione difficile ma necessaria per le nuove ambizioni della compagnia. Inoltre, il rinvio di Football Manager 25 è stato deciso per garantire un prodotto di alta qualità, evitando che il gioco fosse lanciato in uno stato insoddisfacente.

Con queste dichiarazioni, SEGA sembra pronta a riprendersi e a esplorare nuove opportunità per rimanere competitiva nel mondo dei videogiochi.

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