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SAI CHE…I Marziani sono stati creati da un errore di traduzione?

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I traduttori sono ben consapevoli che il loro lavoro, spesso svolto nell’ombra e talvolta considerato solo un modo per arrotondare, può causare notevoli problemi se eseguito male. Se una traduzione eccellente tende a passare inosservata perché scorre naturalmente, una traduzione scarsa può rendere la lettura difficile e poco piacevole, o addirittura alterare il significato del testo.

Uno degli esempi più significativi di come un malinteso possa portare a conseguenze epocali è stato descritto da Giovanni Bignami, astrofisico e divulgatore, nel suo libro “I marziani siamo noi”. Tutto ha avuto inizio quando Giovanni Virginio Schiaparelli, celebre astronomo e direttore dell’Osservatorio di Brera, osservò per la prima volta Marte attraverso il suo telescopio e iniziò a disegnarne la superficie. In quel periodo, l’osservazione astrale non si basava su macchine fotografiche o telecamere, ma sull’occhio umano, e ciò che si vedeva doveva essere disegnato a mano su carta.

Schiaparelli interpretò le variazioni di colore sulla superficie del Pianeta Rosso come segni di continenti e mari, collegati da canali. Il suo lavoro ebbe un enorme successo e le sue parole e immagini raggiunsero gli Stati Uniti, dove affascinarono Percival Lowell, un influente diplomatico che abbandonò la sua carriera per dedicarsi all’astronomia. Tuttavia, la traduzione errata del termine italiano “canali” in “canals” (canali artificiali) invece di “channels” (bracci di mare naturali) portò Lowell a credere erroneamente che Marte fosse punteggiato da strutture artificiali, anziché da formazioni naturali.

Il malinteso provocato dalla traduzione errata alimentò le fantasie di Lowell, che iniziò a teorizzare sull’esistenza di una civiltà marziana avanzata. Nel 1911, riuscì persino a far pubblicare sul New York Times un titolo sensazionalistico che annunciava la costruzione di canali marziani. Tuttavia, le teorie fantasiose di Lowell furono smentite dalle fotografie astronomiche, che mostrarono chiaramente che la superficie di Marte non era come lui l’aveva immaginata.

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Le meraviglie delle terme romane: ingegno e socialità nell’antica roma

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Un’affascinante curiosità sull’antica Roma riguarda la vita quotidiana e l’incredibile ingegno dei romani per quanto riguarda le strutture pubbliche, in particolare le terme. Le terme romane non erano solo luoghi dove la gente andava a fare il bagno, ma erano vere e proprie “città sociali”, dove le persone si incontravano per rilassarsi, fare esercizio fisico, leggere e socializzare.

Una caratteristica innovativa delle terme era il sistema di riscaldamento, chiamato ipocausto. Questo sistema consisteva in una rete di stufe sotto il pavimento e delle canne fumarie nel muro che permettevano di riscaldare l’acqua e l’aria all’interno dei bagni. Questo metodo avanzato di riscaldamento era così efficace che, in alcuni casi, anche le stanze più fredde e umide delle terme venivano mantenute calde e confortevoli. Questo sistema è considerato una delle grandi innovazioni ingegneristiche della Roma antica, precursore dei moderni impianti di riscaldamento centralizzato.

Inoltre, le terme avevano un impatto culturale significativo: erano luoghi dove cittadini di tutte le classi sociali si mescolavano e dove si tenevano incontri politici e sociali. Non era raro che filosofi e poeti si trovassero nelle terme per discutere di filosofia o arte, creando uno spazio di scambio culturale che rifletteva l’importanza di una vita sociale e fisica sana per il popolo romano.

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Kintsugi: L’arte giapponese di riparare e valorizzare le imperfezioni

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Il Kintsugi è una tradizionale tecnica giapponese di riparazione della ceramica che trasforma i danni e le imperfezioni in decorazioni artistiche, invece di nasconderle. Il termine deriva da due parole giapponesi: kin (oro) e tsugi (riparazione o giunzione), e infatti la tecnica prevede di usare polvere d’oro, argento o platino per sigillare le crepe nei manufatti in ceramica. In questo modo, ciò che una volta era un oggetto danneggiato, diventa un’opera d’arte unica, con le sue “imperfezioni” che raccontano una storia.

La pratica del Kintsugi ha radici profonde nella filosofia zen giapponese, che valorizza la bellezza dell’imperfezione e l’accettazione della transitorietà delle cose. Questa visione del mondo si esprime nel concetto di wabi-sabi, che celebra l’inevitabilità del decadimento naturale e delle cicatrici come parte integrante della bellezza della vita. In questo contesto, il Kintsugi non è solo una tecnica di riparazione, ma anche un atto di meditazione e riflessione sulla natura dell’esistenza.

Storicamente, il Kintsugi è emerso durante il periodo Muromachi (1336-1573) in Giappone. Si dice che sia nato quando lo shogun Ashikaga Yoshimasa inviò una ciotola di ceramica danneggiata in Cina per essere riparata, ma quando la ciotola tornò, la riparazione fu così inadeguata che un artigiano giapponese decise di ripararla con oro, creando così una nuova estetica che attirò l’attenzione di altri. Questo atto di abbracciare il danno, invece di nasconderlo, divenne una tendenza.

Oggi, il Kintsugi è utilizzato non solo per riparare oggetti di valore storico o emotivo, ma anche come metafora per affrontare le difficoltà della vita. Molti vedono nelle crepe e nelle rotture una simbolizzazione delle esperienze dolorose e della crescita che può derivarne. Il Kintsugi ci insegna che le cicatrici non sono segni di debolezza, ma piuttosto di resilienza, e che ogni rottura può essere una possibilità di rinascita e di bellezza nuova.

In un mondo che tende a nascondere e a riparare il danneggiato in modo da renderlo indistinguibile dal nuovo, il Kintsugi ci invita a celebrare le nostre imperfezioni, rendendole parte integrante della nostra storia e della nostra unicità.

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Le origini della voce radiofonica e il ruolo della radio nella storia

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ADN24

Una curiosità affascinante del mondo radiofonico riguarda l’origine della famosa “voce della radio”. Nel 1920, con la nascita delle prime trasmissioni radiofoniche commerciali negli Stati Uniti, la voce radiofonica come la conosciamo oggi cominciò a prendere forma. Una delle prime emittenti a trasmettere regolarmente fu la KDKA di Pittsburgh, che il 2 novembre 1920 annunciò i risultati delle elezioni presidenziali, un evento storico che segnò l’inizio della radio come mezzo di comunicazione di massa.

Nei primi anni della radio, molte trasmissioni venivano effettuate da persone che avevano una preparazione teatrale. La “voce radiofonica” si è evoluta in modo tale da diventare sinonimo di una dizione chiara e precisa, tipica di chi ha una formazione attoriale o vocale, ed è per questo che molti dei primi “radiodj” venivano dal mondo del teatro. Questo stile di comunicazione è stato adottato dalle emittenti per garantire che il messaggio arrivasse chiaramente a un pubblico vasto, spesso in ambienti rumorosi, e senza l’ausilio di tecnologie audio moderne come l’equalizzazione del suono.

Un’altra curiosità riguarda la tradizione di usare “il jingle” nelle trasmissioni radiofoniche. La pratica di utilizzare brevi melodie o motivi musicali per rappresentare marchi o trasmissioni nasce proprio nella radio. I primi jingle furono creati negli anni ’20 da aziende come la Radio Corporation of America (RCA), che li utilizzava per fare pubblicità durante le trasmissioni, rafforzando l’identificazione del brand. Questo ha portato alla creazione di uno degli aspetti più distintivi della radio, che ancora oggi si usa, seppur evoluto, nel marketing radiofonico.

Infine, la radio ha anche avuto un ruolo importante nella Seconda Guerra Mondiale. Grazie alla possibilità di trasmettere informazioni in tempo reale, è stata una delle principali fonti di comunicazione per la popolazione e anche per i soldati al fronte. Un esempio emblematico è il programma radiofonico “The Voice of America”, che trasmetteva notizie e propaganda agli alleati e alle forze nemiche. La radio non solo intratteneva, ma informava, unendo le persone durante momenti difficili della storia mondiale.

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