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SAI CHE…In un paese del Giappone avranno tutti lo stesso cognome?

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Immaginate un futuro in cui tutti gli abitanti di un Paese condividono lo stesso cognome. Questo scenario potrebbe verificarsi nel 2531 in Giappone, dove, secondo un nuovo studio condotto dal professor Hiroshi Yoshida, economista presso l’Università di Tohoku, potrebbe verificarsi un’omogeneizzazione dei cognomi se il Paese continuerà ad adottare il codice civile risalente alla fine del 1800, il quale impone alle coppie di adottare un unico cognome.

Attualmente, Sato è il cognome più diffuso in Giappone, rappresentando l’1,5% della popolazione totale secondo un sondaggio condotto nel marzo 2023, seguito da Suzuki al secondo posto. Secondo Yoshida, una nazione in cui tutti si chiamano Sato “non solo sarà scomoda, ma minerà anche la dignità individuale”, portando alla perdita dell’identità familiare e regionale.

Secondo le stime di Yoshida, la percentuale di giapponesi con il cognome Sato è aumentata di 1,0083 volte dal 2022 al 2023. Supponendo che questo tasso rimanga costante e che non vi siano modifiche alla legge sui cognomi, circa la metà della popolazione giapponese potrebbe avere il cognome Sato entro il 2446, per poi salire al 100% nel 2531. Attualmente, le coppie in Giappone devono scegliere un cognome comune al momento del matrimonio, con la donna che rinuncia al proprio nel 95% dei casi. Tuttavia, il panorama potrebbe cambiare se il governo giapponese permettesse alle coppie sposate di mantenere cognomi separati.

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SAI CHE… La deforestazione in Amazzonia raggiunge il minimo storico degli ultimi nove anni?

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Un importante passo avanti è stato compiuto nella lotta contro la deforestazione in Amazzonia. Nel periodo compreso tra agosto 2023 e luglio 2024, la superficie di foresta primaria abbattuta è diminuita del 30,6%, raggiungendo il livello più basso degli ultimi nove anni. Questo dato positivo rappresenta una vittoria per il governo brasiliano, che ha posto la protezione dell’Amazzonia tra le sue priorità politiche.

Il calo della deforestazione, pari a 6.288 chilometri quadrati di foresta, è stato accolto con soddisfazione dal presidente Luiz Inácio Lula da Silva. Il presidente, che ha assunto la carica per la terza volta a gennaio 2023, ha promesso di azzerare la deforestazione entro il 2030, invertendo le politiche dell’amministrazione precedente che favorivano l’espansione agricola e l’agrobusiness a scapito della preservazione ambientale.

Nel periodo della presidenza di Jair Bolsonaro, la deforestazione era aumentata a causa della spinta verso la conversione di terreni forestali in aree agricole, un processo che ha accelerato la distruzione della foresta amazzonica. Con l’ingresso di Lula, però, la situazione è cambiata grazie a politiche più rigide di protezione ambientale. Oltre all’Amazzonia, anche il Cerrado, un altro ecosistema vitale del Brasile, ha visto un significativo miglioramento, con una riduzione del 25,7% della deforestazione, pari a 8.174 chilometri quadrati di vegetazione persa.

Nonostante i progressi, gli esperti e gli attivisti sottolineano che la situazione resta delicata. La sfida più grande consiste nel mantenere e potenziare i risultati ottenuti, prevenendo che la foresta raggiunga un “punto di non ritorno”. Questo scenario, avvertono gli scienziati, potrebbe compromettere la capacità dell’Amazzonia di rigenerarsi autonomamente, con conseguenze devastanti per il clima globale e la biodiversità.

Secondo Mariana Napolitano, direttrice del WWF-Brasile, sebbene i risultati siano incoraggianti, il calo della deforestazione non basta. Per garantire una vera e propria inversione di rotta, è fondamentale investire anche in progetti di riforestazione e adottare politiche di sviluppo sostenibile che tengano conto della preservazione a lungo termine degli ecosistemi.

In questo contesto, il governo brasiliano dovrà affrontare la pressione degli interessi economici legati all’agrobusiness, che continuano a spingere per la trasformazione di terre naturali in aree coltivate. La strada per fermare la deforestazione dell’Amazzonia è lunga e complessa, ma questo nuovo dato offre una speranza concreta. Resta fondamentale che la comunità internazionale continui a sostenere gli sforzi del Brasile e che il paese mantenga l’impegno preso, con azioni concrete e misure efficaci per proteggere la foresta e la sua biodiversità.

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SAI CHE… PepsiCo e Coca-Cola sotto accusa per l’inquinamento da plastica?

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PepsiCo e Coca-Cola sono state citate in giudizio dalla contea di Los Angeles, accusate di contribuire in maniera significativa all’inquinamento globale da plastica e di ingannare i consumatori riguardo alla sostenibilità dei loro imballaggi. La causa, avviata il 30 ottobre 2024 presso la Corte Superiore di Los Angeles, punta a fare luce sulla gestione dei rifiuti plastici da parte delle due grandi multinazionali, accusate di promuovere pratiche fuorvianti sulla riciclabilità dei loro prodotti.

Il cuore dell’accusa riguarda il fatto che, nonostante le dichiarazioni di impegno per la sostenibilità, una grande parte delle bottiglie di plastica prodotte dalle due aziende non è effettivamente riciclabile o lo è in modo limitato. I legali della contea sostengono che le affermazioni delle aziende sulla “circolarità” dei loro imballaggi siano ingannevoli, poiché la plastica può essere riciclata al massimo una sola volta, se non addirittura mai. Questo rende difficile realizzare una vera economia circolare, che possa ridurre in modo significativo l’inquinamento ambientale. Le accuse si concentrano anche sull’uso eccessivo della plastica monouso, che contribuisce al degrado degli ecosistemi e aumenta le emissioni di gas serra, aggravando la crisi climatica in corso.

Lindsey Horvath, presidente del consiglio di vigilanza della contea di Los Angeles, ha dichiarato che l’inquinamento da plastica è un problema che richiede un intervento urgente, e ha esortato PepsiCo e Coca-Cola a prendersi le proprie responsabilità per i danni ambientali causati dai loro prodotti. La causa legale chiede non solo risarcimenti per i danni, ma anche l’introduzione di misure che obblighino le due aziende a ridurre l’uso di plastica vergine e a migliorare la gestione del ciclo di vita dei loro imballaggi.

Questa causa si inserisce in un contesto più ampio di azioni legali che mirano a ridurre l’inquinamento da plastica negli Stati Uniti. Recentemente, Coca-Cola è stata identificata per il sesto anno consecutivo come la principale azienda inquinante al mondo, seguita da PepsiCo e Nestlé, secondo il Global Brand Audit 2023 di Break Free From Plastic. I dati riportano che Coca-Cola produce annualmente circa 3,2 milioni di tonnellate di plastica, mentre PepsiCo ne genera 2,5 milioni, un impatto devastante sull’ambiente.

Nonostante le critiche, le due aziende, attraverso l’American Beverage Association, hanno respinto le accuse, sostenendo che stanno adottando misure per migliorare il riciclo. Tuttavia, secondo l’ONU, meno del 10% della plastica prodotta globalmente viene effettivamente riciclata, alimentando i dubbi sull’efficacia degli sforzi promossi dalle multinazionali. Questo caso rappresenta un’importante battaglia legale che potrebbe avere ripercussioni su come le grandi aziende gestiscono l’inquinamento da plastica e la sostenibilità dei loro prodotti.

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SAI CHE… I filetti di alici Conad hanno istamina?

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Conad ha recentemente lanciato un richiamo per un lotto di filetti di alici all’olio d’oliva a marchio Sapori & Dintorni, a causa della presenza di istamina oltre i limiti consentiti dalla normativa. Il prodotto coinvolto è venduto in vasetti di vetro da 156 grammi (peso sgocciolato 84 grammi) e riguarda il lotto 24165 con termine minimo di conservazione (TMC) fissato al 30 settembre 2025. Il codice EAN del prodotto è 80129059.

Il richiamo riguarda una produzione realizzata da Iconsitt Srl, nello stabilimento di Aspra a Bagheria, in provincia di Palermo, che ha un marchio di identificazione IT 455 CE. La catena di supermercati ha messo in atto il richiamo a seguito di controlli che hanno rilevato livelli di istamina superiori ai limiti di legge.

L’istamina è una sostanza che può causare gravi reazioni allergiche, come mal di testa, nausea e disturbi gastrointestinali, soprattutto nei soggetti più sensibili. La sua concentrazione nei prodotti ittici può aumentare in caso di una cattiva conservazione del pesce, e in questo caso, la presenza di istamina nel lotto di alici ha superato i livelli di sicurezza stabiliti.

Conad ha avvisato i consumatori di non consumare il prodotto interessato e di restituirlo al punto vendita dove è stato acquistato. In cambio, il negozio provvederà alla sostituzione con un altro prodotto o al rimborso del prezzo pagato. Il richiamo è stato lanciato come misura precauzionale per la sicurezza dei consumatori.

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